Discrezionalità e non arbitrarietà

Non Attivo

Nota su Direttiva 3_2020 a ESTERNI (5.5.2020)-signed

m_dg.DOG.02-05-2020.0070896.U_Circolare DPI e DISP all 29

DIR. MIN PA 3.2020-all 29

Prot. 29 LINEE GUIDA RICHIESTA INTEGRAZIONE

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

Al Capo Dipartimento

Barbara Fabbrini

Al Direttore Generale

Alessandro Leopizzi

Oggetto: richiesta di chiarimenti e di linee guida da seguire nell’approccio degli uffici giudiziari alla cd. “Fase 2 emergenza COVID 19”.

 

La scrivente O.S., in un’ottica di piena collaborazione nell’affrontare la pandemia ed in considerazione delle criticità riscontrate negli Uffici giudiziari che stanno comportando molteplici modalità organizzative derivanti dalla piena discrezionalità, richiede con la presente delle linee guida uniformi da applicarsi su tutto il territorio nazionale per la gestione della c.d. fase due dell’emergenza epidemiologica.

Linee guida uniformi che la scrivente O.S. avrebbe auspicato consacrare in un accordo sindacale boicottato dalla cecità, dal fanatismo politico e dal reale disinteresse verso la salute dei lavoratori da parte di alcune forze sindacali.

Un accordo nella cui bozza si erano tenute in forte considerazione alcune delle proposte della scrivente O.S. e che avrebbe vincolato tutti gli uffici a adottare comportamenti uniformi, un accordo che, recependo le nostre osservazioni, aveva incluso Uffici spesso dimenticati e che con la presente si chiede espressamente di attenzionare con un ulteriore Circolare. A tal proposito, in allegato, si riportano le nostre richieste per i Giudici di Pace e gli UNEP.

L’Amministrazione, a fronte del mancato consenso plebiscitario, ha preferito emanare una Circolare che, come mi insegnate, ha un valore di mera “indicazione” e non di “prescrizione” e, comunque, si ritiene opportuno che si faccia chiarezza su alcuni punti della circolare del 2 maggio 2020, al fine di lasciare sì dei margini di discrezionalità agli Uffici giudiziari, ma senza che la suddetta discrezionalità si trasformi in libero arbitrio da parte dei singoli uffici, come sta avvenendo.

Molto apprezzato anche l’“Aggiornamento alla luce della Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione n. 3/2020 del 4 maggio 2020”  pervenuta nella tarda serata del 5 maggio, nella quale si ribadisce, in particolare, che “La importanza assunta dal lavoro agile nel presente quadro emergenziale e i risultati, sia qualitativi sia quantitativi, raggiunti dal punto di vista pratico, definiti “incoraggianti” dallo stesso Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri nella pagina web sopra trascritta, pongono in luce la circostanza che il lavoro agile ha già acquisito il significato e il ruolo di valido strumento organizzativo da impiegare con successo anche nella futura ripresa dell’attività ordinaria dopo la cessazione dello stato di emergenza, facendo ricorso ad opportuni interventi normativi idonei a metterne a punto le già rappresentate positive potenzialità del lavoro agile. Detta prospettiva appare, d’altronde, perfettamente in linea con quanto dichiarato nella parte finale del paragrafo 3 della qui esaminata Direttiva n. 3/2020 (…) ”.

Siamo convinti anche noi del pieno potere organizzativo di ciascun Ufficio Giudiziario ma non deve in alcun modo trascendere in arbitrarietà e contrarietà al buon senso prima che alle norme, la discrezionalità che riconosciamo deve, difatti, riguardare principalmente 2 aspetti:

  1. a) territorio perché è del tutto evidente che in una Regione in cui i casi di contagio siano ancora preoccupanti non si potrà prevedere un rientro massivo dei lavoratori su 4 giorni;
  2. B) tipologia d’ufficio, perché è altrettanto evidente che, ad esempio, una sezione dibattimentale, esposta al pubblico e caratterizzata dall’attività d’udienza, dovrà necessariamente, distribuire il proprio personale in modo differenziato rispetto ad un ufficio amministrativo che non richiede la necessità di aumentare la presenza dei lavoratori nei locali giudiziari nella fase 2.

Sappiamo bene che secondo quanto previsto nel DPCM 26.4.2020 lo smartworking deve restare la modalità ordinaria di lavoro fino al 31 luglio 2020, data in cui è stato al momento fissato il temine dell’emergenza e, pertanto, l’obiettivo della ripresa dell’attività giudiziaria deve essere sicuramente contemperato con tale modalità lavorativa.

L’ampliamento delle attività giurisdizionali, infatti – come si legge nella circolare n. 70897 del 2.5.2020 – deve essere “graduale e progressivo“.

Al contrario, da ciò che è emerso a seguito della riapertura dei primi tavoli on line di dialogo con le Amministrazioni, si evince come ciò non avvenga in tutti gli Uffici del territorio nazionale già fin da ora e, quindi, prima della data indicata dal Ministero per la ripresa delle attività processuali. Dai vari territori giungono lamentele riguardanti non solo l’appesantimento dei presidi, ma serpeggia – tra un preoccupato personale amministrativo – il timore che quanto di buono adottato nella prima fase di emergenza venga cancellato con un colpo di spugna.

In molte realtà locali si sta già iniziando a mettere da parte lo smartworking, e ciò anche a causa dell’atteggiamento “ostile” della magistratura e dell’avvocatura. Molti giudici e avvocati premono per la riattivazione della macchina giustizia in “presenza”, a discapito di tutte le norme sulla sicurezza (perché ricordiamo che è di tutela della salute che si parla), sancite nei diversi provvedimenti adottati a livello governativo.  La ripresa immediata dell’attività di udienza – se pur da remoto – se da un lato tutela il lavoratore dal pubblico, dall’altro richiede comunque la presenza di personale di cancelleria. E ciò va in evidente contrasto con quanto fino ad ora fatto. Non possiamo dimenticare che il contesto nel quale si opera è ancora emergenziale è notizia del 4 maggio del nuovo allarme Coronavirus nel tribunale di Napoli per un caso di un magistrato all’ufficio del Giudice per le indagini preliminari, ove il piano interessato è stato isolato per consentire le operazioni di sanificazione degli ambienti.

Come ricordato dalla stessa circolare, infatti, la fase due altro non è che un momento fisiologicamente transitorio, che eredita, seppure declinandole in misura meno stringente, la gran parte delle cautele tutt’oggi vigenti al fine di ridurre al massimo il rischio di contatti personali astrattamente idonei a trasmettere il Coronavirus.

In conclusione, si richiede un Vostro autorevole intervento affinchè siano emanate:

  1. delle “linee guida” da seguire in modo da rendere la ripresa effettivamente graduale e da non vanificare il sacrificio finora da tutti sostenuto o ancor di più mettere in pericolo la salute dei lavoratori ed insistiamo, pertanto, che vengano fornite modalità operative dirette, rapide e uniformi di modo che la discrezionalità non si traduca in alcuni Uffici in una ripresa totale dell’attività andando, di fatto, a eliminare il lavoro agile.
  2. ulteriore Circolare per i Giudici di Pace e gli UNEP, allegando alla presente le nostre proposte.

Non vorremmo “gufare” ma solo essere realisti e condividiamo quanto già espresso dal Presidente della Regione Emilia-Romagna in questi giorni e riteniamo che “la ripartenza debba andare di pari passo con una curva epidemiologica che non torni ad essere preoccupante”, diversamente ci sarà un’onda di ritorno più grave e preoccupante della prima.

Cordiali saluti

Segretario Generale

 (Claudia Ratti)

 

 

Claudia Ratti
Coordinatore Nazionale Ministero della Giustizia

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