Ministero della Giustizia: serve una riorganizzazione vera, non un’altra polemica

Mentre la politica discute (e polemizza) su un nuovo assetto organizzativo del Ministero della Giustizia, Confintesa Funzione Pubblica riporta il confronto su un piano più concreto: quello del funzionamento reale della macchina amministrativa.

Il decreto che prevede la creazione di una segreteria dedicata al Capo di Gabinetto ha scatenato reazioni accese, ma il vero nodo — sottolinea il nostro sindacato — non è la nomina di nuovi collaboratori, bensì la necessità di una riforma organica e funzionale del Ministero, che oggi opera come se fosse composto da “cinque ministeri autonomi sotto un’unica facciata”.

“Appoggiamo chiunque, di qualsiasi parte politica, abbia il coraggio di riorganizzare il Ministero in modo efficiente — dichiara Claudia Ratti, Segretario Generale di Confintesa FP —. Serve un modello integrato, con cinque dipartimenti realmente collegati tra loro e senza disparità economiche o di benefit per il personale.”

Secondo Confintesa FP, un ministero che funziona deve partire dalla testa, rafforzando l’organico centrale che gestisce progressioni, inquadramenti, pensioni, mobilità e amministrazione del personale per poi arrivare sui territori.

“Dobbiamo trasformare una macchina ferma al gasolio in una Giustizia 2.0, in cui i colleghi vogliano entrare e non fuggire — aggiunge Ratti —. Il blocco in uscita, in scadenza il 31 dicembre, non deve essere rinnovato: trattenere il personale con vincoli e divieti significa solo confermare l’idea di un’amministrazione gabbia. Noi chiediamo un ministero attrattivo, basato sulla leale concorrenza, sulla motivazione e sull’orgoglio di appartenenza, non sulle catene.”

Per il nostro sindacato, il futuro della giustizia amministrativa passa da una visione moderna e unitaria, capace di restituire motivazione e orgoglio di appartenenza a chi ogni giorno lavora per far funzionare i tribunali e gli uffici giudiziari del Paese.

Torna in alto