Smart Working, si investa in infrastrutture!
e senza togliere i PC al personale già in servizio
Al Sig. Ministro per la Pubblica Amministrazione
On. Renato Brunetta
Sig. Ministro,
devo confessarLe che nel corso degli ultimi due anni del Suo dicastero è riuscito a sorprenderci positivamente: ha introdotto l’area delle alte professionalità (sulla quale abbiamo, in solitudine nel panorama sindacale, fatto battaglie ventennali), ha dato il giusto e doveroso impulso al rinnovo dei Contratti Collettivi restituendo lo spazio ai sindacati e riformando in modo importante l’ordinamento professionale, ha firmato circolari sullo smart working.
Poi siamo caduti nella contrapposizione tra il lavoro in presenza e lo smartworking nel quale Lei afferma vi sia una abbondante area di “non lavoranti”.
Signor Ministro, nel 2022 la tecnologia di cui si dispone potrebbe risolvere tutti i suoi timori e, se utilizzata correttamente, potrebbe portare ad una equivalenza dello smartworking con il lavoro in presenza, sia come produttività che come controllo. Invece, dopo due anni di pandemia non si è investito un euro per introdurre procedure sicure e efficienti per il lavoro da remoto e per la formazione dei dirigenti, spesso più lontani dalle tecnologie degli stessi loro collaboratori.
In sintesi, signor Ministro, se vuole risolvere i problemi dell’esistenza degli “sfaccendati” nascosti dietro lo smart working la soluzione non è accusare in modo indiscriminato tutti i lavoratori che usano questo strumento ma investire.
Lo smart working non deve essere, e non è, una modalità di lavoro legata alla pandemia tanto che è stato puntualmente disciplinato nell’ipotesi di accordo del CCNL appena sottoscritto.
Lo smart working è una modalità di lavoro che deve consentire alle Amministrazioni di essere maggiormente efficienti ed efficaci attraverso infrastrutture adeguate e dipendenti motivati e soddisfatti, capaci di contemperare le esigenze del lavoro e quelle familiari, ottimizzando i tempi di percorrenza. Questo, per noi, è lo smart working, poco importa se “il telefonino è appoggiato sulla bottiglia del latte” o se l’abbigliamento non è formale, importa la volontà e la capacità di lavorare.
Il binomio presenza-vaccini non si deve contrapporre al binomio smart working-non vaccini perché vogliamo pensare al futuro, ad un’Amministrazione efficiente con infrastrutture adeguate a supportare i lavoratori che svolgono attività gestibili anche da remoto, e vogliamo aggiungere, con una dirigenza capace di valutare obiettivamente i risultati, premiare chi lo merita e adottare correttivi per chi non merita. Una dirigenza che, a sua volta, deve essere obiettivamente valutata.
Non nascondiamoci dietro un dito: la presenza in ufficio non è sinonimo di produttività, così come il lavoro da remoto non è sinonimo di improduttività.
Facciamo un passo avanti: le Amministrazioni adeguino le infrastrutture, facciano importanti investimenti e gestiscano i lavoratori senza alcun pregiudizio, i risultati sarebbero sorprendenti, per tutti.
Cordiali saluti,
Segretario Generale
(Claudia Ratti)