ORARI DI LAVORO TRA DIRITTO E CONVENIENZA
Quello che abbiamo annunciato mesi fa, nel silenzio generale, ora è su ogni testata giornalistica: i dipendenti della Giustizia se posso fuggono perché pagati meno dei colleghi di altre amministrazioni ma non solo per questo.
Vogliamo ora affrontare il problema della scelta dell’orario di lavoro per i colleghi neoassunti e non solo, o meglio la “non scelta” perché in alcuni Uffici – tra moduli prestampati in cui la casella delle 7.12 è stata cancellata e indicazioni perentorie (“quell’orario non potete sceglierlo perché abbiamo già superato la quota!”) – per la maggior parte dei nuovi assunti la scelta è stata a dir poco obbligata.
L’orario di lavoro è un fattore importante nell’organizzazione della vita privata, specialmente se ci sono famiglie e figli da accudire.
Perché nella Giustizia accade questo, mentre nelle altre Amministrazioni l’orario di lavoro con cinque rientri pomeridiani pare un dato acquisito e anzi incoraggiato in quanto riconosciuto come più produttivo?
Le risposte sono varie e vanno dalla comprensibile necessità di assicurare il servizio nelle cancellerie penali anche nelle ore pomeridiane alla volontà di ridurre l’uso dei buoni pasto fino a misteriosi rilievi ispettivi sullo sforamento di fantomatiche quote. Ma cosa prevedono i contratti sull’orario di lavoro?
L’art. 17 del CCNL vigente prevede che:
- l’orario ordinario è di 36 ore,
- il ricorso al lavoro straordinario deve essere limitato (ed anche pagato!),
- l’orario può essere articolato in diverse tipologie per raggiungere il miglior risultato possibile,
- dopo le 6 ore scatta obbligatoriamente il recupero psico-fisico.
L’art. 14 dell’ormai vetusto (ma ancora vigente) CCNI Giustizia aggiunge qualche tassello:
- va favorita “l’attuazione di tutte le tipologie di (orario di) lavoro in modo da ridurre il ricorso al lavoro straordinario”;
- l’orario di lavoro su 5 giorni può svolgersi “anche nelle ore pomeridiane a partire dalle h.13.45” (garantendo al dipendente “una indennità sulla base di € 10,00 giornaliere”).
Dunque, nessun contratto parla di “riduzione dei buoni pasto” o di “quote” relative all’orario che sono, eventualmente, obiettivi “interni” che, però, contrastano gravemente con i contratti firmati e che sono da considerarsi, pertanto, inaccettabili. È un dato di fatto corroborato dalla ormai celebre risposta dell’allora Direttore Generale al quesito della Procura Generale di Catanzaro sull’ampliamento della platea di fruitori dell’orario con 5 rientri fornita dal Ministero stesso nel luglio del 2022.
L’unica limitazione accettabile sarebbe, invece, quella di assicurare l’operatività delle Cancellerie che– soprattutto nel settore penale– lavorano a pieno ritmo anche fino a tarda sera. Ma volendo la soluzione c’è e consiste nell’utilizzo del lavoro pomeridiano, previsto dall’art. 14 comma 3 del CCNI (su base volontaria e remunerato).
La nostra domanda è: perché ai dirigenti del Ministero della Giustizia sembra mancare il coraggio necessario per applicare integralmente gli istituti del CCNL vigenti ma preferiscono imporre diktat arbitrari invocando circolari e verbali ispettivi?
Confintesa FP mette la legalità al primo posto quindi anche la piena applicazione dei Contratti.
Segnalaci eventuali problemi a giustizia@confintesafp.it