Sperimentazione presidi UEPE negli Istituti Penitenziari

Non Attivo

Con nota n.33979 del 25.05.2023 dell’Ufficio II della DGEPE è stato comunicato che è intenzione dell’Amministrazione di incrementare l’attività delle cd. Antenne negli Istituti Penitenziari.

La proposta dell’Amministrazione può essere definita antistorica perché non tiene conto di quanto avvenuto nei, quasi, cinque decenni di esistenza degli UEPE.

Gli uffici attuali poco somigliano, per le competenze loro attribuite, a quelli che furono i CSSA del 1975.

All’epoca, e per quasi quindici anni, il lavoro dei CSSA era essenzialmente centrato sul carcere. Erano gli anni in cui per fruire dell’affidamento in prova al Servizio Sociale, principale misura alternativa alla detenzione, era necessario prima soggiacere al cd “assaggio di carcere” in quanto per essere ammessi al beneficio era prima indispensabile sottoporsi per almeno tre mesi all’osservazione scientifica della personalità da parte dell’équipe di osservazione e trattamento, di cui facevano parte anche gli assistenti sociali del CSSA. Naturalmente ciò accadeva anche per l’ammissione al regime penitenziario della semilibertà.

La situazione ha iniziato a cambiare con l’introduzione di alcune modifiche all’ordinamento penitenziario introdotte con la cd legge Gozzini che ha previsto che l’affidamento in prova al Servizio Sociale poteva essere disposto senza procedere alla osservazione in istituto quando il condannato, dopo un periodo di custodia cautelare, ha goduto di un periodo di libertà serbando comportamento corretto.

Si è allora avviato un processo di progressiva “scarcerazione” del Servizio Sociale, sempre più orientato alle attività extra murarie.

Si è assistito ad un aumento, dapprima graduale e poi esponenziale, delle misure alternative mentre si è avviata una significativa riduzione della partecipazione degli assistenti sociali alle attività di osservazione e trattamento.

L’aumento del carico di lavoro delle  misure alternative alla detenzione ha di fatto ridotto in ogni caso la presenza degli assistenti sociali negli istituti di pena per cui mentre prima si tentava di assicurare la partecipazione all’osservazione di tutti i detenuti con condanna definitiva ed addirittura si eseguivano anche colloqui di “segretariato sociale” anche con detenuti in attesa di passare in giudicato, ciò con il passato del tempo. non è stato più possibile.

Oggi, l’Amministrazione, ha deciso di rafforzare la presenza negli Istituti di pena del Servizio Sociale ponendosi come obiettivo l’incremento delle misure alternative dalla detenzione.

Di fatto il raggiungimento dell’obiettivo, pur auspicabile, comporterebbe però un incremento dei carichi di lavoro degli UEPE. Quindi si distaccano funzionari di Servizio Sociale negli Istituti per incrementare il già esorbitante carico di lavoro dei funzionari preposti all’esecuzione penale esterna ed alle misure di comunità.

Assistiamo ad un ritorno al passato quando è evidente che il Servizio Sociale da oltre due decenni è stato sempre più proiettato verso l’esterno, impegnato nella gestione delle sempre più ampie misure alternative e nelle relative attività di osservazione dei soggetti liberi, condannati, che ne facevano richiesta.

Lo spartiacque definitivo, comunque, si è avuto nel 2014 con l’introduzione della “messa alla prova”, che nel giro di poco più di un paio di anni ha di fatto raddoppiato in carico di lavoro degli UEPE catapultando completamente sul territorio gli assistenti sociali ed allontanandoli sempre più dal carcere.

Così mentre al 31.12.2013 risultavano sottoposti ad osservazione14823 detenuti , da parte degli assistenti sociali, nel 2018 si arriva a 13417 mentre nel 2022 appena a  12470 detenuti .

Una riduzione del 16% che risulta ancora più significativa se consideriamo che nel 2013 gli UEPE hanno condotto indagini per n. 3505 soggetti liberi che sono lievitati a 33301 nel 2022. Di fatto quasi decuplicando in meno di dieci anni i numeri del 2013.

Se rapportiamo poi i dati relativi all’osservazione con il numero dei detenuti condannati presenti nei tre periodi presi in esame constatiamo che nel 2013 sono stati sottoposti ad osservazione 14823 detenuti, a fronte dei 36.926 detenuti presenti con condanna definitiva (appena il 40%), nel 2018  13417 su 39.738 detenuti (il 34%)  ed infine, nel 2022, 12470 su 40.269 (soltanto il 31%).

Risulta evidente che le attività di osservazione sono svolte per un numero sempre più ridotto di detenuti con condanna definitiva, privando questi ultimi delle opportunità trattamentali individualizzate, come dispone il vigente ordinamento, e di fatto riduce il carcere ad un mero contenitore di soggetti devianti.

Da una semplice attenzione agli organi di stampa emerge che negli ultimi anni il “sistema carcerario” sta vivendo un periodo di gravissima tensione. Non c’è giorno che non si abbia notizia di aggressioni a rappresentanti della Polizia Penitenziaria  e sono sempre più numerosi i suicidi nella popolazione detenuta.

Inoltre, nel 2022 i suicidi hanno raggiunto lo spaventoso numero di 84 eventi, con un aumento di circa il 50% sull’anno precedente.

Purtroppo non si colgono segnali di risposte significative a questa gravissima situazione emergenziale.

La Polizia Penitenziaria imputa gli episodi di aggressione subiti a carenze di organico ed invoca l’incremento del personale.

E’ evidente che la popolazione detenuta sta evidenziando una condizione di grave disagio che, molto probabilmente, è all’origine dei citati episodi di auto/etero aggressione.

Questa O.S., tuttavia, è dell’avviso che la risposta non può consistere nel semplice incremento del personale di Polizia Penitenziaria, a cui va il nostro apprezzamento per il servizio svolto, ma nel ripercorrere la strada segnata dal legislatore del 1975 che, con la cd Riforma Penitenziaria (L.354/75), per la prima volta, in Italia, introdusse negli istituti Educatori ed Assistenti Sociali.

E’ necessario intervenire per capire questo disagio per cui riteniamo  indispensabile, a nostro avviso, potenziare la presenza negli istituti di pena di tali figure professionali.

Ma tale potenziamento non può e non deve essere fatto a spese degli UEPE, già in gravissime difficoltà nella gestione delle misure di comunità, ulteriormente incrementate a seguito dell’applicazione della cd Riforma Cartabia.

Infatti, se prendiamo i considerazione i dati riguardanti le misure alternative/di comunità osserviamo che a fronte di 31865 soggetti sottoposti a misure nel 2014 nel 2022 si registravano ben 73982 casi. Un aumento del 232%!! Scusate se è poco.

La forza di questi numeri sembra tuttavia sfuggire alla DG EPE che, anacronisticamente, pensa di rafforzare la presenza degli assistenti sociali negli Istituti con il personale degli UEPE.

Consideriamo poi che la fuoriuscita degli UEPE dal DAP, con il loro fagogitamento nella Giustizia Minorile, ha di fatto sancito il quasi definitivo affrancamento dal mondo carcerario.

Beninteso noi, benché assolutamente persuasi che gli UEPE debbano occuparsi dell’Esecuzione Penale Esterna, come dice lo stesso nome del servizio, o meglio delle misure di comunità, siamo sempre assolutamente convinti dell’importanza della presenza del Servizio Sociale negli istituti. Soltanto che riteniamo sbagliata la soluzione proposta dall’Amministrazione.

La soluzione, infatti, certamente non sta nel distacco di alcune unità di personale di Servizio Sociale (almeno tre, si legge) negli istituti, scimmiottando quella che sembra la costituzione di una nuova area negli Istituti, però non assumendone pari dignità.

Tre unità sarebbero appena sufficienti a garantire il minimo dei servizi negli istituti di piccole/medie dimensioni.

La presenza del Servizio Sociale negli Istituti è assolutamente indispensabile perché rappresenta il trait d’union tra il mondo intramurario e la società civile.

Siamo del tutto persuasi che il significativo incremento delle attività trattamentali potrebbe comportare dei benefici nella gestione ordinaria degli istituti ed ad un decremento degli eventi critici.

Questa O.S., quindi, ribadisce la propria contrarietà alla sperimentazione proposta dall’Amministrazione ed invece, ritiene che siano maturi i tempi per la costituzione, negli istituti di pena, dell’area del “Servizio Sociale”, dipendente dalla direzione dell’istituto, in cui dovrebbero essere inseriti assistenti sociali preposti all’osservazione scientifica della personalità e al trattamento dei detenuti.

La creazione di questa nuova area intramuraria, assolutamente indipendente dall’UEPE, comporterebbe:

– una presa in carico diretta degli AA.SS. dei soggetti detenuti e una maggiore fattiva collaborazione al trattamento, oltre che all’osservazione;

– un ascolto più diffuso e diretto del detenuto e dei suoi familiari,  con probabile incidenza positiva sul verificarsi di eventi critici;

– il lavoro dell’A.S. all’esterno dell’istituto potrebbe favorire una maggiore apertura dell’istituto stesso alla comunità esterna;

– gestione in piena autonomia del regime penitenziario della semilibertà, mentre attualmente viene chiesta la collaborazione agli UEPE;

– l’area di Servizio Sociale sarebbe dipendente dalla Direzione dell’Istituto (come la già esistente area pedagogica). Negli istituti di piccole dimensioni si potrebbe ipotizzare la costituzione dell’Area Socio-Pedagogica.

Siamo persuasi che la realizzazione di quanto proposto comporta il superamento di una serie di difficoltà a partire dalla necessaria modifica al Regolamento di Esecuzione nonché la creazione di nuovi posti in organico con relativa spesa, ma siamo convinti che con quanto oggi proposto dall’Amministrazione non facciamo altro che mettere l’ennesima toppa ad un vestito vecchio mentre riteniamo siano maturi i tempi per avere una nuova visione del servizio penitenziario.

Nelle more, tuttavia, esiste un’altra soluzione, piuttosto agevole da realizzare, alternativa al ricorso al personale UEPE: il ricorso ad Assistenti Sociali, quali esperti ex art. 80, L.354/75.

Sembra quasi superfluo ricordare che il quarto comma del citato articolo dispone che “per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l’Amministrazione Penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, Servizio Sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, nonché di mediatori culturali e interpreti, corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate”.

Sebbene questa disposizione sia vecchia di quasi mezzo secolo il DAP di fatto ha preferito utilizzare le proprie risorse per avvalersi della collaborazione, in regime di convenzione, di psicologi, criminologi, ecc… e forse del tutto mai di assistenti sociali, affidandosi completamente alla, gratuita, collaborazione degli UEPE.

Che sia giunto il tempo di cambiare?

l Dirigente Sindacale

CONFINTESA FP DGM

                                                                                                                                                                                                                                       E. Arculeo

 

Maria Stella Reitano

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