Buoni pasto e pausa pranzo, quali criteri?

Non Attivo

Prot. 13 Buoni pasto

Ministero della Giustizia

Al Capo di Gabinetto

Fulvio Baldi

 

Al Capo dell’Ufficio legislativo

Mauro Vitiello

 

Al Capo dell’Ufficio Ispettivo

Liborio Fazzi

 

Al Capo Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria del Personale e dei Servizi

Barbara Fabbrini

 

Al Direttore Generale del Personale e della formazione

Alessandro Leopizzi

 

Al Direttore generale del bilancio e della contabilità

Lucio Bedetta

 

OGGETTO: Criteri di assegnazione dei buoni pasto.

 

La scrivente O.S richiama l’attenzione sulla rinuncia alla pausa pranzo per il personale amministrativo.

Senza dubbio la tipologia dell’orario di 7,12 con l’obbligo della pausa pranzo, è un’opzione meno “appetibile” rispetto alla medesima tipologia che prevede l’esclusione della pausa pranzo, anche in ragione alla possibilità di conciliare in modo ottimale i tempi di vita e di lavoro del personale amministrativo.

Ricordiamo a noi stessi che il benessere psicofisico del lavoratore, al quale si vuole addivenire mediante l’obbligo di pausa, impone al dipendente di allontanarsi dalla sede lavorativa, effettuando un riposo cogente, esercitando un diritto che, secondo noi, va garantito ma non imposto nel suo esercizio.

L’Amministrazione, sulla base degli ultimi accordi sottoscritti anche con taluni  sindacati in alcune sedi (ad esempio di recente la Corte di Appello di Roma) ha assunto una posizione intransigente negando al personale amministrativo la possibilità di scegliere l’orario di 7,12 con la rinuncia alla pausa pranzo (e con la corresponsione del buono pasto) invocando precise prescrizioni contenute nei verbali ispettivi che hanno configurato anche una responsabilità di natura contabile nell’ipotesi in cui non siano rispettati i criteri di attribuzione dei buoni pasto, come stabiliti nella circolare ministeriale del 7/8/1998.

La domanda, a questo punto, sorge spontanea … quali sono i criteri utilizzati dagli Ispettori che hanno posto l’attenzione solo sul personale amministrativo, di per sé già vessato e privo di qualsiasi riconoscimento morale ed economico? Perché a fronte della stessa normativa l’attuazione diventa “soggettiva”, ovvero per macro categorie (magistrati, dirigenti e … tutto il resto del personale) ?

La circolare ministeriale del 7/8/1998 infatti individua i presupposti dai quali sorge il diritto alla corresponsione dei buoni pasto, oltre che per il personale amministrativo anche per il personale di magistratura e per la dirigenza amministrativa. In particolare, per questi ultimi, il diritto alla corresponsione del buono pasto è legato all’attività svolta in ufficio, o in altri luoghi di lavoro.

Ricordo a me stessa che tutti sono dipendenti del Ministero della Giustizia ma al personale di magistratura ed ai dirigenti amministrativi il buono pasto è corrisposto sulla base di una mera autocertificazione, attestante la presenza in ufficio, o in altro luogo di lavoro, priva di ulteriore supporto documentale.

E’ evidente che tale sistema non consente all’Amministrazione di poter esercitare un controllo (come invece, giustamente, avviene per il personale amministrativo) e può esporre coloro che devono presentare l’autocertificazione per ottenere il buono pasto a delle discrasie tra quanto dichiarato e l’effettività  del diritto, fosse anche per semplice errore umano dovuto a mera distrazione.

Abbiamo, in estrema sintesi, una normativa e due modalità applicative:

  • PERSONALE DI MAGISTRATURA ED I DIRIGENTI AMMINISTRATIVI

A loro il buono pasto è corrisposto sulla base di una mera autocertificazione priva di ulteriore supporto documentale. E’ tutto basato sull’autoresponsabilizzazione, dall’orario di lavoro all’accertamento delle presenze e delle assenze dal servizio, anche ai fini della valutazione annuale del dirigente e dell’erogazione della retribuzione di risultato.

  • PERSONALE AMMINISTRATIVO

Il buono pasto viene riconosciuto solo se viene rilevata la presenza in ufficio e se il dipendente fruisce della pausa pranzo, obbligatoria. L’orario di lavoro deve rispondere alle (giuste) esigenze dell’Amministrazione ma non viene presa (quasi mai) in considerazione la necessità di conciliarle con le esigenze del dipendente.

Non va dimenticato che nelle sedi giudiziarie non sono previste apposite mense, e nemmeno, ancor peggio, ci sono luoghi adeguati ove poter fruire della pausa; spesso un luogo di ristoro è lontano dalla sede di lavoro e ci si ritrova a consumare un pasto nella propria stanza, in spregio a qualsiasi norma di igiene e facendo venir meno l’obiettivo primario per cui si impone la pausa, ovvero il riposo.

Inimmaginabile è poi pensare poter interrompere l’attività lavorativa nel momento topico noto a tutti coloro che quotidianamente  si confrontano con le emergenze amministrative, possiamo pensare a scarcerazioni, tso, esecuzioni di provvedimenti de libertate resi in udienza e tutte quelle altre incombenze che rendono l’attività giudiziaria resa in cancelleria paritaria come condizione di emergenza che rendono la stessa  di prima difficoltà.

E’ azzardato pensare, e non lo facciamo, che ci siano anche delle ragioni economiche dettate dall’esigenza di contenere la spesa pubblica risparmiando sui buoni pasto da corrispondere al personale amministrativo che opta per l’orario di lavoro delle 7,12 (con rinuncia alla pausa pranzo)  garantendo la continuità dei servizi.

Certamente, in questa sede non si vuole contestare il diritto-dovere dell’Amministrazione di voler contenere le cosiddette spese di gestione, esercitando un attento controllo sulla sussistenza dei requisiti dei richiedenti per poter accedere ad una tipologia di orario che comporti una maggiore corresponsione di buoni pasto e quindi maggiori oneri, ciò che invece si contesta è che il trattamento di “peggior favore” soprattutto in sede ispettiva,  sia “riservato” al personale amministrativo e non anche a tutti i dipendenti del Ministero della Giustizia.

Per quanto sopra si invita a rivedere le prescrizioni relative alla concessione dei buoni pasto per il personale amministrativo non dirigente, prevedendo la possibilità di rinuncia alla pausa pranzo corrispondendo il buono pasto.

Cordiali saluti

Segretario Generale

(Claudia Ratti)

 

Claudia Ratti
Coordinatore Nazionale Ministero della Giustizia

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