GIUSTIZIA A MACCHIA DI LEOPARDO

31st Mar
2020
Non Attivo

subito smart working per tutti e presidi ridotti

FLASH 9 l’Italia divisa 

 FLASH 9 RICHIESTA INTERVENTO

Il nostro Paese è ormai in ginocchio da un’emergenza sanitaria che conta migliaia di morti e decine di migliaia di contagi ma qualche Capo di Ufficio giudiziario e dirigente ha ancora una visione miope sulle soluzioni da adottare per limitare al massimo la presenza fisica negli uffici, garantendo solo un presidio ridotto.

Non sono stati sufficienti i discorsi del Presidente del Consiglio, i provvedimenti del Governo pubblicati sulle Gazzette Ufficiali e neanche le notizie nefaste, purtroppo vere, che continuano a rimbalzare su ogni media per prendere i necessari provvedimenti di CHIUSURA su tutto il territorio che, non ricevendo alcuna indicazione univoca, continua a comportarsi diversamente…

Ed è così che la nostra Federazione ha scritto l’ennesima richiesta, questa volta estendendo la platea dei destinatari chiedendo presidi ridottissimi tutte le sedi e lo smart working per tutti i lavoratori.

Perché sembra impossibile ma è vero…a fronte delle mancate chiusure giungono notizie di Uffici in cui, al contrario di quanto si dovrebbe fare, istituiscono dei presidi che di ridotto non hanno proprio nulla o, ancora, proseguono la regolare attività nonostante casi conclamati di Covid19 fino ad arrivare al caso, a nostro parere gravissimo, in cui lo stato di tensione e di allarme tra il personale amministrativo nasce dalla dichiarazione scritta della dirigenza che “terrà conto della capacità e dello spirito di adattamento che tutto il personale avrà manifestato nonché dei risultati concretamente conseguiti nelle attività svolte in modalità dislocata all’esito della emergenza, in sede di valutazione dei comportamenti organizzativi di ciascun dipendente nell’ambito delle performances relative all’anno 2020”. In poche parole si baratta il diritto alla salute con le future valutazioni!

Se il comportamento avesse causato, e continuasse a causare disparità di trattamento tra i lavoratori sarebbe grave ma … poco male, qui si tratta di far rischiare la salute e la pandemia che, anche con comportamenti come questi, è destinata a durare ancora molti mesi falcidiando molte altre vittime.

QUESTO NON LO PERMETTEREMO

Stiamo scrivendo singolarmente ad ogni ufficio dal quale riceviamo segnalazioni (documentate), coinvolgendo il Ministero (che, ad onor del vero, nelle persone del Capo Dipartimento DOG e del Direttore Generale DOG, sta dando prova di grande efficienza) e, nei casi più gravi, anche la ASL.

Restiamo a disposizione di tutti coloro che chiederanno il nostro aiuto ai numeri:

3389821255, 3394573272 e 3477523465

E’ UN’EMERGENZA E COME TALE DEVE ESSERE TRATTATA

Sarebbe stata una buona occasione per tutti i Capi degli Uffici e dirigenti amministrativi per dimostrare la propria vicinanza ai lavoratori ma dobbiamo verificare che in molti casi è stata gettata al vento … eppure siamo certi che saranno anche i lavoratori pubblici che, al momento opportuno, come sempre, daranno le migliori risposte per fare ripartire il nostro Paese!

Segretario Generale

(Claudia Ratti)

 

UNEP Torino. Emergenza COVID-19 – Atto di diffida.

27th Mar
2020
Non Attivo

 

Al Presidente della Corte d’Appello di Torino, Giuseppe Meliadò

Al Direttore sanitario distretto sud ovest, Riccardo De Luca

Al Capo Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi

Barbara Fabbrini

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

Oggetto: emergenza COVID-19. UNEP Torino. Atto di diffida.

La scrivente O.S. con la presente denuncia che presso gli uffici della Corte di Appello di Torino non viene rispettata la normativa primaria e secondaria in relazione alla emergenza sanitaria in atto. In particolare, l’UNEP della Corte è stato oggetto di un caso di contagiato che al momento si trova in coma farmacologico ed è notizia di pochi giorni fa che un altro componente sia risultato positivo al virus.

Pur tuttavia non risulta siano state adottate le necessarie misure utili ad arginare e ad impedire il propagarsi del contagio.

Ed infatti, già dal 3 marzo u.s. il Capo di Gabinetto del Ministro con nota m_dg. GAB. 0008668.U, inviata a tutti i vertici del Ministero, in conformità alle indicazioni del Ministero della Salute, scriveva che non dovranno recarsi in ufficio e non dovranno accedere direttamente alle strutture di pronto soccorso i dipendenti con infezione respiratoria acuta (insorgenza improvvisa di almeno uno dei seguenti sintomi: febbre, tosse, dispnea) e che nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia, abbiano soddisfatto almeno una delle seguenti condizioni:

  • Storia di viaggi o residenza in Cina nonché nelle regioni italiane interessate dalla presenza dei focolai dell’infezione;
  • Contatto stretto con un caso probabile o confermato di infezione da COVID-19;
  • Abbia lavorato o ha frequentato una struttura sanitaria dove sono stati ricoverati pazienti con infezione da COVID-19.

Analogamente, anche i dipendenti che, pur non avendo manifestato i sintomi dell’infezione da Coronavirus, abbiano avuto contatti con soggetti positivi al virus, sono invitati a non recarsi in ufficio e a adottare le misure precauzionali sopra citate.

Lo stesso Capo del Gabinetto del Ministro già in data 24 febbraio u.s. con prot.MDG.GAB. 0007158.U, inviata a tutti i Capo Dipartimento, invitava gli stessi ad allontanare dall’ufficio il personale affetto da evidenti sintomi influenzali, invitandolo, per i giorni successivi, ad usufruire dell’istituto della malattia fino al completo recupero di condizioni di salute ottimali.

Orbene, se tali indicazioni valgono per gli uffici ministeriali, è di solare evidenza che debbano valere per tutti i lavoratori.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, questa Organizzazione Sindacale, a tutela del primario diritto alla salute dei lavoratori,

DIFFIDA

Il Presidente della Corte d’Appello di Torino e a tutte le Autorità in indirizzo, ciascuno per quanto di propria competenza, ad attenersi scrupolosamente alle norme e direttive emanate in tema di emergenza epidemiologica da COVID-19, predisponendo immediatamente la misura della quarantena per i lavoratori dell’UNEP presso la Corte d’Appello di Torino e la conseguente chiusura dello stesso.

Qualora le verificate condizioni di salute dei componenti l’UNEP lo consentano, la scrivente O.S.

CHIEDE

l’istituzione di un presidio minimo per l’espletamento delle attività ritenute indifferibili, ex art. 83, comma 3, del DL n. 18 del 17 marzo 2020. L’istituzione immediata di un’unità di crisi, come avvenuto già dal mese scorso presso la Corte d’Appello di Venezia, composta da rappresentanti della Corte, della Procura Generale, la Regione e l’Autorità Sanitaria.

E’ di tutta evidenza che le SS.LL. hanno piena responsabilità di natura civilistica, penale, e, in ultima istanza, anche contabile e che, in caso venissero segnalatati ulteriori inadempimenti, la scrivente OS individuerà i Responsabili ed agirà con ogni mezzo che l’ordinamento giuridico mette a disposizione.

Cordiali saluti

Il Referente Nazionale UNEP

(Francesco Floccari)

Il Segretario Generale

(Claudia Ratti)

Prot. 20 UNEP Torino

CORTE DI APPELLO DI CATANIA – SOSPENSIONE DEI RIENTRI POMERIDIANI

27th Mar
2020
Non Attivo

Roma, prot. 27/03/2020 prot.19

Al Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia

Al Capo Dipartimento

Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi

Barbara Fabbrini

 

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

Al Presidente della Corte di Appello

Giuseppe Meliadò

Al Dirigente Amministrativo della Corte di Appello

Michele Russo

CATANIA

OGGETTO: SOSPENSIONE DEI RIENTRI POMERIDIANI

In riferimento al Suo Ordine di servizio n.6 del 26/03/2020, nel quale dispone che “…sono sospesi rientri pomeridiani per il completamento del lavoro di 36 ore settimanali (sia con presenza fisica sia da remoto a casa) del personale autorizzato ad articolare l’orario di lavoro in cosiddetta settimana corta e “semicorta”, salvo comprovati casi di servizio urgente da comunicare nella medesima giornata alla dirigenza. I rientri non effettuati per la loro suddetta sospensione saranno recuperati ad intervenuta cessazione dell’emergenza entro il 31 marzo 2021” si osserva quanto segue. Sospendere i rientri per limitare la frequenza del personale in ufficio, pare assolutamente condivisibile, stante il momento emergenziale in atto, ciò che invece non si comprende né si condivide è la ragione per cui i rientri non possano essere effettuati in forma di lavoro agile, alla stregua delle prescrizioni ministeriali e di quanto disposto da recente dalla Corte di Appello di Catania, per le mattine.

Le ore che è opportuno non lavorare in ufficio, nei pomeriggi, potrebbero ragionevolmente essere lavorate da casa nei giorni di rientro.

Che non si abbia diritto al buono pasto, è pacifico ed è già precisato dal Ministero, se si è a casa.

Ma sorge spontanea una riflessione, che si invita le SS.LL a valutare. Se già si svolge da casa l’attività lavorativa “agile” di un giorno in cui normalmente sia previsto il rientro, perché non si può proseguire, dopo i regolari minuti, da 30 a 60, previsti per la pausa di recupero psicofisico, per le restanti tre ore?

E se invece si svolge l’attività lavorativa “di presidio per atti urgenti” in ufficio, completate le sei ore ordinarie, perché non pare alle SS.LL. ragionevole poter completare la giornata, una volta di rientro a casa, in modalità di “lavoro agile”, per le restanti tre ore? In ufficio infatti si potrebbe provvedere a preparare il lavoro che sarebbe poi completato a casa!

Infine, un ultimo appunto corre farlo sulla motivazione addotta a sostegno di quanto disposto dal Dirigente: “la diminuzione del carico di lavoro registrato nelle cancellerie “… ma allora perché ricorrere a corposi presidi, a fronte di quanto prescritto dalla Ministra Dadone, di 38 persone, per non recare sofferenza agli atti urgenti dell’ufficio, se poi, di pomeriggio non c’è da fare?

La chiosa che cita “saranno recuperate ad intervenuta cessazione dell’emergenza”, ha tutta l’aria di una sorta di previsione di straordinario a costo zero.

In ultimo si ricorda, anche a costo di ripetersi, che la modalità di lavoro agile, c.d. smart working, è stata ritenuta misura utile a fronteggiare la situazione di emergenza ed è finalizzata a conciliare l’esigenza di tipo sanitario (limitare per quanto possibile la diffusione del contagio) con la prosecuzione delle attività lavorative, anche a distanza. Il comma 6 dell’articolo 1 del D.P.C.M. 11 marzo 2020, la Direttiva n. 2/2020 del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’art.87 del D.L. 18 del 17 marzo 2020, fissa un principio incontestabile: in deroga al principio della domanda, il lavoro agile è la modalità ordinaria di prestazione di lavoro nel pubblico impiego, fatta salva la determinazione delle attività e dei servizi indifferibili non delocalizzabili.

Alla luce delle precedenti riflessioni, in pieno spirito collaborativo, la scrivente O.S., 

CHIEDE

di modificarsi l’OdS n.6 del 26/03/2020, laddove, sospesi i rientri nei locali della Corte, questi possano comunque essere svolti da casa, in applicazione della normativa vigente relativa allo smart working ed all’unico fine di evitare qualsiasi contagio.

Cordiali saluti,

Segretario Provinciale Catania

(Debora Caruso)

Prot. 19 Sospensione rientri CA Catania

Segretario Generale

(Claudia Ratti)

 

Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere. Richiesta applicazione normativa

26th Mar
2020
Non Attivo

Prot. 19 Procura Santa Maria Capua Vetere

Roma, 26/03/2020 prot. 19/20

Al Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia
Al Capo Dipartimento
Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi
Barbara Fabbrini

Al Procuratore della Repubblica
Anche nella qualità di
Dirigente Amministrativo
SANTA MARIA CAPUA VETERE

 

OGGETTO:     MANCATA ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI SANTA MARIA CAPUA VETERE (CE).

La presente per segnalare che a tutt’oggi presso la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (CE) la normativa emanata in pieno contesto di emergenza sanitaria, non viene rispettata.

La gravità della situazione che stiamo vivendo impone misure straordinarie ed urgenti finalizzate a contrastare e contenere l’emergenza epidemiologica da Covid-19 che, puntualmente adottate nella stragrande maggioranza degli Uffici Giudiziari, presso la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, nonostante il susseguirsi di Ordini di Servizio, non vengono adottate; anzi si emanano Decreti (da ultimo il n. 32 del 23/03/2020) in piena autonomia e in direzione opposta a quella indicata dalla legge, dalle ultime direttive e dai chiarimenti diramati dal Ministero della Giustizia.

Il dato concreto da cui partire è che, ad oggi, su 97 lavoratori, nessuno dei quali è attualmente in lavoro agile essendo il relativo progetto ancora in corso di definizione, ma costretti ad usufruire di ferie pregresse, permessi, ecc., alcuni di essi sono assenti per malattia e 35/37 unità lavorative presidiano gli uffici. I numeri sono indicativi ma vicinissimi al dato reale.

La questione non viene affrontata con la necessaria e dovuta celerità nell’adozione di qualsivoglia decisione che impone misure straordinarie ed urgenti finalizzate a contrastare e contenere l’emergenza epidemiologica da Covid-19 a tutela di tutti dipendenti degli uffici giudiziari, tanto più in area (quale quella di Santa Maria C.V.) interessata da decessi e numero consistente di contagiati da coronavirus, circostanza nota alle cronache locali e nazionali.

 La gestione ordinaria delle prestazioni lavorative garantita attraverso il ricorso al lavoro agile nella forma semplificata, c.d. smart working, è stata ritenuta misura utile a fronteggiare la situazione di emergenza, attualmente fino al 15 aprile. Si tratta di un intervento straordinario, emergenziale, limitato nel tempo e finalizzato a conciliare l’esigenza di tipo sanitario (limitare per quanto possibile la diffusione del contagio) con la prosecuzione delle attività lavorative, anche a distanza.

Il comma 6 dell’articolo 1 del D.P.C.M. 11 marzo 2020, la Direttiva n. 2/2020 del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’art.87 del D.L. 18 del 17 marzo 2020, fissano due punti che non sono contestabili:

  • La normativa vigente impone, in deroga al principio della domanda, di rendere il lavoro agile come modalità ordinaria di prestazione di lavoro nel pubblico impiego, salva la determinazione delle attività e dei servizi indifferibili non delocalizzabili.

Quali attività sono indifferibili?

La legge esiste ed è chiara, è la Legge 12 giugno 1990, n. 146 che individua i servizi pubblici essenziali e testualmente prevede: “L’amministrazione della giustizia, con particolare riferimento ai provvedimenti restrittivi della libertà personale ed a quelli cautelari ed urgenti, nonché ai processi penali con imputati in stato di detenzione”.

2) La gestione dell’emergenza dovuta al coronavirus passa necessariamente per l’attuazione delle misure di tutela e sicurezza sul lavoro. Attuazione che è doverosa e necessaria, considerato che il datore di lavoro, nell’ambito del modello definito dal Codice civile (art.  2087) e dal Testo Unico Sicurezza sul Lavoro (d.lgs.  81/2008) ha l’obbligo di valutare costantemente quali sono i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro e, sulla base di questa valutazione, deve adottare tutte le misure idonee a ridurre l’esposizione al rischio.

Presso la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, al contrario, si è disposta l’apertura dei seguenti uffici senza individuazione delle attività indifferibili da rendere necessariamente in presenza, con le unità lavorative accanto riportate:

  • 1^ sezione indagini, una unità al giorno
  • 2^ sezione indagini, una unità al giorno
  • 3^ sezione indagini, una unità al giorno
  • 4^ sezione indagini, una unità al giorno
  • 5^ sezione indagini, una unità al giorno
  • 415 bis e Misure di prevenzione, una unità due volte a settimana
  • affari civili, 1 unità (unità presente su altro presidio)
  • atti urgenti settori penali, una unità al giorno
  • ausiliari, due unità al giorno
  • casellario, una/due unità al giorno
  • conducenti automezzi, tre unità al giorno
  • dibattimento collegiale, una unità 3 volte a settimana
  • dibattimento monocratico, due unità al giorno
  • economato, una unità 3 volte a settimana
  • esecuzioni, tre/quattro unità al giorno
  • informatica, una unità 3 volte a settimana
  • intercettazioni, una unità 3 volte a settimana
  • liquidazioni-mod.42, una unità 4 volte a settimana
  • manutenzione-funz. deleg., una unità 4 volte a settimana
  • Ndr, una unità al giorno
  • Pronta definizione, una unità 3 volte a settimana
  • protocollo a mano, una unità 4 volte a settimana
  • protocollo informatico, una unità al giorno
  • protocollo posta, una unità 4 volte a settimana
  • registro generale, una unità al giorno
  • sala TIAP-Front Office, una unità 3 volte a settimana
  • segreteria del Dirigente, una unità 3 volte a settimana
  • segreteria G.d.P., una unità 3 volte a settimana
  • segreteria del Procuratore, una unità 3 volte a settimana
  • segreteria del Procuratore Aggiunto, una unità 4 volte a settimana
  • R.P, una unità 3 volte a settimana

Oltre al personale di Magistratura ed appartenenti alla PG.

Va evidenziato che, al fine di agevolare il più possibile l’accesso al lavoro agile nella forma emergenziale, il Ministero ha dato notizia di aver reso disponibile la piattaforma formativa E-learning, aperta in occasione del concorso per funzionario giudiziario, a tutto il personale dell’amministrazione della giustizia senza distinzione di area (quindi dal dirigente al commesso). In tal modo, questo momento di assoluta difficoltà, con il personale costretto a lavorare da remoto, rappresenta anche una opportunità per potersi formare.

In contrasto con il favor del Ministero verso la rapida collocazione del personale in lavoro agile, in data 23 marzo c.m., su espresse indicazioni del Procuratore nella veste di dirigente amministrativo, la segreteria del personale forniva a tutti i dipendenti delle indicazioni sull’attivazione del lavoro da remoto prevedendo delle modalità in contrasto con il rapido accesso a tale strumento. In tale nota si legge testualmente: “Inevitabilmente, bisogna venire in ufficio per sottoscrivere il modello”; “…sarà possibile passare in segreteria con il modulo già riempito e sottoscritto, in modo da ridurre l’incombenza alla consegna e all’apposizione della data sullo stesso. Dal giorno immediatamente successivo parte il lavoro agile……”. Tutte prescrizioni che allungano i tempi per l’ammissione allo smart working.

La scrivente O.S., nel precisare che riterrà responsabili le SS.LL. ciascuno per quanto di propria competenza, per tutti gli eventi che si dovessero verificare a danno dei lavoratori, dipendenti della Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere per eventuali malattie pandemiche contratte a causa dell’espletamento della propria prestazione lavorativa.

CHIEDE

l’immediata applicazione della normativa vigente applicando lo smart working a tutto il personale eccetto quello che deve svolgere le attività indifferibili (ovvero essenziali) da rendere in presenza, da garantire tramite turni da svolgersi tra tutto il personale, a prescindere dall’ufficio ordinariamente di appartenenza.

Sarebbe stata una buona occasione per dimostrare la propria vicinanza ai lavoratori, ma è stata gettata al vento.

Cordiali saluti,

Segretario Generale
(Claudia Ratti)

RICHIESTA DI INTERVENTO PER LA GRAVE LACUNA DEL D.L. 17/03/2020 N. 18

20th Mar
2020
Non Attivo

                    Prot. 73 richiesta al Presidente Consiglio Conte per lacuna decreto 

 19/03/2020 prot. 73

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Prof. Giuseppe Conte

Al Sig. Ministro
Avv. Alfonso Bonafede

 

OGGETTO: richiesta sospensione dei termini dell’estinzione della pena per decorso del tempo (artt.172 e 173 c.p.)  

La presente per rappresentare che all’indomani dell’entrata in vigore del D.L 17/03/2020 n.18, emerge la necessità di evidenziare la mancata previsione nell’art. 83 “Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare” della sospensione dei termini di estinzione della pena per decorso del tempo.  Questa lacuna incide sotto un duplice profilo.

Le mansioni dell’ufficio esecuzione e, più nello specifico, quella della conversione delle pene pecuniarie è difficilmente ascrivibile alle attività indifferibili ed urgenti, in quanto l’ingente mole di pratiche da evadere -talune con l’urgenza dettata dalla scadenza prossima dei termini- stride con la più sentita necessità di far permanere il lavoratore a casa per la tutela della salute personale e collettiva. A ciò si aggiunge l’evidente difficoltà di gestire il lavoro in smart working, quale ordinario svolgimento delle prestazioni nella Pubblica Amministrazione, attesa l’impossibilità di accedere da remoto agli appositi programmi che la corretta istruttoria della specifica mansione richiede.

Ulteriore e non meno grave pregiudizio è la possibile perdita per lo Stato di ingenti somme.

Il rischio maggiore è che il personale rimasto in servizio, inevitabilmente ridotto dalle legittime misure messe in atto dal Governo per la gestione dell’emergenza COVID19, non sia in grado di gestire ed evadere tutte le pratiche, con conseguente prescrizione dei termini per la conversione della pena pecuniaria e con la conseguente responsabilità contabile della quale, probabilmente, sarebbe chiamato a rispondere in un futuro.

Alla luce di quanto premesso, la scrivente O.S ritiene indispensabile che il Governo provveda, con urgenza, a colmare la segnalata lacuna, statuendo, con decreto, la sospensione anche dei termini, in analogia a tutte le altre procedure già indicate nell’art. 83 della sospensione dei termini di estinzione della pena per decorso del tempo di cui agli artt. 172 e 173 c.p.

Cordiali saluti

Segretario Generale
(Claudia Ratti)

“DECRETO CURA ITALIA” …CHI CURERA’ LA GIUSTIZIA?

18th Mar
2020
Non Attivo

#iorestoacasa

FLASH 8 RICHIESTA INTERVENTO

FLASH 8 cura Italia

Prot.16 Nota al Ministro emergenza Covid 19

E’ stato finalmente pubblicato il DL n. 18 del 17 marzo 2020 cosiddetto “Cura Italia” che reca misure straordinarie per la tutela della salute e il sostegno all’economia per fronteggiare l’emergenza COVID 19. Viene ribadito e integrato quanto dai precedenti decreti, in particolare:

  • “Art. 87. Il cosiddetto “lavoro agile” diventa la modalità ordinaria della prestazione lavorativa, pertanto la presenza del personale deve essere alle sole attività urgenti e per le quali è assolutamente necessaria la presenza sul luogo di lavoro.
  • 24. I permessi ex legge 104/94 co.3 sono incrementati di ulteriori 12 giorni usufruibili nei mesi di marzo e aprile.
  • 25 Introdotto un congedo speciale, della durata massima di 15 giorni, per il quale è prevista un’indennità pari al 50% della retribuzione, per i figli di età non superiore a 12 anni, tale limite non si applica in caso di figli con disabilità”.

Dobbiamo purtroppo constatare che la normativa non sempre e non ovunque viene applicata.

Questa volta non si tratta di una discussione banale, di una norma contrattuale che non viene applicata (e ce ne sono tante), di un banale ritardo della PA… no, questa volta è in discussione la salute dell’intera comunità per un fenomeno che nessuno si sarebbe mai aspettato, neanche nelle più fantasiose delle sceneggiature, che COSTRINGE i cittadini a restare a casa.

Ed invece, in barba a qualsiasi normativa ed a qualsiasi norma di buon senso, non solo i dirigenti non predispongono (come dovrebbero) i progetti di smart working ma in molti casi li rigettano prontamente.

Tale atteggiamento ha causato e continua a causare disparità di trattamento tra i lavoratori assolutamente inaccettabili e fin qui … poco male, ma compromette la salute di tutti, una pandemia che va fermata.

Ed è per questo che abbiamo deciso, nostro malgrado, di diffidare il Ministro e tutti i dirigenti, qualora inadempienti, ad adeguarsi immediatamente.

Restiamo a disposizione di tutti coloro che chiederanno il nostro aiuto ai numeri:

3389821255, 3394573272 e 3477523465

E’ UN’EMERGENZA E COME TALE DEVE ESSERE TRATTATA

Segretario Generale

(Claudia Ratti)

BONAFEDE CHIUDA GLI UFFICI E GARANTISCA I SERVIZI ESSENZIALI

8th Mar
2020
Non Attivo

Prot.15 Nota al Ministro emergenza Covid 19

Al Sig. Ministro della Giustizia

Avv. Alfonso Bonafede

 

Oggetto: salute e sicurezza del personale giudiziario: adozione misure incisive per emergenza COVID  19 e chiusura precauzionale uffici giudiziari.

 

La scrivente O.S., alla luce delle ultime sue direttive in merito all’emergenza COVID 19, non può tacere il disappunto in merito alla totale dimenticanza da parte Sua del personale giudiziario e dei rischi cui va incontro quotidianamente per garantire il corretto funzionamento della giustizia.

Ad oggi l’emergenza in corso è stata lasciata impropriamente alla gestione “disordinata”, loro malgrado, dei singoli distretti di Corte di Appello, essendo inconcepibile non garantire a tutti, a prescindere dalle zone dichiarate ad alto rischio o meno ed alle categorie di lavoratori, magistrati, avvocati e personale giudiziario, una chiara ed uniforme disciplina da seguire in merito all’applicazione delle misure di prevenzione della diffusione di un contagio di simili proporzioni.

Il rischio di contagio è per tutti e disciplinare in modo diverso il personale di magistratura dal personale amministrativo è assolutamente ingiustificato. Piaccia o no, siamo tutti dipendenti del Ministero della Giustizia, i diversi ruoli non giustificano un differente trattamento nel caso dell’emergenza sanitaria.

La Costituzione garantisce il diritto alla salute, di tutti, la disciplina della prevenzione dei rischi per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, peraltro molto più rigida in caso di epidemia o pandemia, vale sempre e non solo se ci si trova in “zona rossa” o se si è magistrati.

Non vi è dubbio che stiamo assistendo ad un fenomeno che non ha precedenti, che sta mettendo a dura prova tutto il Paese, stante il numero elevatissimo dei contagi ad oggi registrati, che purtroppo cresce in maniera esponenziale tutti i giorni ed a macchia d’olio ovunque e non possiamo permetterci assolutamente il lusso, in un clima di incertezza tra comportamenti potenzialmente a rischio di operatori ed utenza, di affidarci alla gestione approssimativa dell’emergenza in corso o, peggio, al caso.

Questo noi non lo possiamo permettere, occorrono chiare ed uniformi direttive altrimenti i danni potrebbero essere incalcolabili e Lei sarà ritenuto responsabile, anche personalmente.

Di certo le misure precauzionali ad oggi intraprese nelle singole realtà degli uffici giudiziari del territorio, nonostante i Capi degli Uffici stiano facendo sicuramente il loro meglio per attuare le direttive ricevute dal Ministero, non rispondono alle esigenze complessive di adeguata profilassi preventiva e si sta rischiando di far collassare tutta l’attività giudiziaria da un giorno all’altro senza che poi ci sia possibilità di recupero.

Ad oggi la mera riduzione dell’affluenza dell’utenza negli uffici, nelle aule di udienza, e negli spazi di attesa, dove un eccessivo assembramento potrebbe generare situazioni di incompatibilità con le indicazioni di prevenzione già emanate, non si è dimostrata sufficiente ad arginare il diffondersi del virus. È noto che tutti gli uffici giudiziari sono quotidianamente frequentati da un elevato numero di persone provenienti da diverse parti del territorio nazionale e non sempre l’utenza è rispettosa delle norme in materia di prevenzione, e questo ha portato e sta continuando a portare il proliferarsi del contagio in molte realtà e sta mettendo a grave rischio la salute dei lavoratori costretti ugualmente a continuare a lavorare nonostante l’epidemia in corso.

A non voler considerare che, nonostante le regole rigide di carattere generale dettate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero della Salute, che prevedono la chiusura totale delle scuole, università, cinema, teatri, luoghi di assembramento e ricreativi, etc, divieto di riunioni di tutti i tipi e l’incentivo all’ utilizzo dei mezzi telematici e delle telecomunicazioni, non si comprende come la stessa cosa non possa essere applicata negli uffici giudiziari, tanto più che il Ministero della Giustizia ha anche previsto l’utilizzo dello smart working e dei mezzi telematici per evitare il consequenziale blocco totale della attività giudiziaria.

Alla luce di queste gravi motivazioni, la Sigla scrivente chiede, pertanto, che il Sig. Ministro della Giustizia si faccia portatore con estrema urgenza di un intervento chiaro, di carattere omogeneo ed unitario, volto a tutelare adeguatamente la salute e sicurezza dei lavoratori della giustizia, prevedendo misure molto più incisive di prevenzione del rischio contagio da COVID19 chiudendo immediatamente tutti gli uffici giudiziari.

Dovrà, conseguentemente, essere prevista esclusivamente:

  1. La costituzione di presidi per le urgenze, con personale a rotazione ed utilizzo di telefono/PEC/email per l’attività e lo scambio di informazioni tra cancellerie ed utenza.
  2. La sospensione di tutte le attività complementari (es. sedute di correzione elaborati esami avvocato, adempimenti elettorali, verbali di inventario, etc.).

Per l’attività degli uffici UNEP va detto che, è noto, la sospensione feriale non opera sui termini di scadenza del precetto e dei pignoramenti presso terzi. Il Ministero deve dare direttive precise e non lasciare ai singoli capi uffici o ufficiali giudiziari la decisione. A tal proposito ricordiamo che per anni il decreto mille proroghe ha sospeso gli sfratti per alcune categorie sociali o per la morosità incolpevole, oggi c’è un’acclarata EMERGENZA SANITARIA e ci aspettiamo che si diano indicazioni precise e valide erga omnes.

E’ opportuno evidenziare, infine, che i lavoratori che saranno COSTRETTI a non recarsi a lavoro a seguito dell’emergenza sanitaria in corso NON potranno/dovranno essere costretti dall’Amministrazione ad utilizzare giornate di ferie la cui funzione è, com’è noto, quella del recupero delle energie psico-fisiche e della cura delle relazioni affettive e sociali.

Cordiali saluti                      

Segretario Generale

(Claudia Ratti)

CORONAVIRUS, al Ministero della Giustizia “sanificano” solo un piano, il secondo!

3rd Mar
2020
Non Attivo

E’ poco comprensibile la scelta dell’Amministrazione di sanificare solo un piano del Ministero della Giustizia, il secondo per la precisione, lasciando pienamente operativi tutti gli altri.

Una scelta dettata da un caso non dichiarato (sia pur per non diffondere il panico)? Quale che sia il motivo (per pur vorremmo conoscere) tutti i lavoratori hanno diritto alle stesse cautele.

E’ quanto abbiamo chiesto …

Prot. 14 Sanificazione MInistero della Giustizia

Buoni pasto e pausa pranzo, quali criteri?

2nd Mar
2020
Non Attivo

Prot. 13 Buoni pasto

Ministero della Giustizia

Al Capo di Gabinetto

Fulvio Baldi

 

Al Capo dell’Ufficio legislativo

Mauro Vitiello

 

Al Capo dell’Ufficio Ispettivo

Liborio Fazzi

 

Al Capo Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria del Personale e dei Servizi

Barbara Fabbrini

 

Al Direttore Generale del Personale e della formazione

Alessandro Leopizzi

 

Al Direttore generale del bilancio e della contabilità

Lucio Bedetta

 

OGGETTO: Criteri di assegnazione dei buoni pasto.

 

La scrivente O.S richiama l’attenzione sulla rinuncia alla pausa pranzo per il personale amministrativo.

Senza dubbio la tipologia dell’orario di 7,12 con l’obbligo della pausa pranzo, è un’opzione meno “appetibile” rispetto alla medesima tipologia che prevede l’esclusione della pausa pranzo, anche in ragione alla possibilità di conciliare in modo ottimale i tempi di vita e di lavoro del personale amministrativo.

Ricordiamo a noi stessi che il benessere psicofisico del lavoratore, al quale si vuole addivenire mediante l’obbligo di pausa, impone al dipendente di allontanarsi dalla sede lavorativa, effettuando un riposo cogente, esercitando un diritto che, secondo noi, va garantito ma non imposto nel suo esercizio.

L’Amministrazione, sulla base degli ultimi accordi sottoscritti anche con taluni  sindacati in alcune sedi (ad esempio di recente la Corte di Appello di Roma) ha assunto una posizione intransigente negando al personale amministrativo la possibilità di scegliere l’orario di 7,12 con la rinuncia alla pausa pranzo (e con la corresponsione del buono pasto) invocando precise prescrizioni contenute nei verbali ispettivi che hanno configurato anche una responsabilità di natura contabile nell’ipotesi in cui non siano rispettati i criteri di attribuzione dei buoni pasto, come stabiliti nella circolare ministeriale del 7/8/1998.

La domanda, a questo punto, sorge spontanea … quali sono i criteri utilizzati dagli Ispettori che hanno posto l’attenzione solo sul personale amministrativo, di per sé già vessato e privo di qualsiasi riconoscimento morale ed economico? Perché a fronte della stessa normativa l’attuazione diventa “soggettiva”, ovvero per macro categorie (magistrati, dirigenti e … tutto il resto del personale) ?

La circolare ministeriale del 7/8/1998 infatti individua i presupposti dai quali sorge il diritto alla corresponsione dei buoni pasto, oltre che per il personale amministrativo anche per il personale di magistratura e per la dirigenza amministrativa. In particolare, per questi ultimi, il diritto alla corresponsione del buono pasto è legato all’attività svolta in ufficio, o in altri luoghi di lavoro.

Ricordo a me stessa che tutti sono dipendenti del Ministero della Giustizia ma al personale di magistratura ed ai dirigenti amministrativi il buono pasto è corrisposto sulla base di una mera autocertificazione, attestante la presenza in ufficio, o in altro luogo di lavoro, priva di ulteriore supporto documentale.

E’ evidente che tale sistema non consente all’Amministrazione di poter esercitare un controllo (come invece, giustamente, avviene per il personale amministrativo) e può esporre coloro che devono presentare l’autocertificazione per ottenere il buono pasto a delle discrasie tra quanto dichiarato e l’effettività  del diritto, fosse anche per semplice errore umano dovuto a mera distrazione.

Abbiamo, in estrema sintesi, una normativa e due modalità applicative:

  • PERSONALE DI MAGISTRATURA ED I DIRIGENTI AMMINISTRATIVI

A loro il buono pasto è corrisposto sulla base di una mera autocertificazione priva di ulteriore supporto documentale. E’ tutto basato sull’autoresponsabilizzazione, dall’orario di lavoro all’accertamento delle presenze e delle assenze dal servizio, anche ai fini della valutazione annuale del dirigente e dell’erogazione della retribuzione di risultato.

  • PERSONALE AMMINISTRATIVO

Il buono pasto viene riconosciuto solo se viene rilevata la presenza in ufficio e se il dipendente fruisce della pausa pranzo, obbligatoria. L’orario di lavoro deve rispondere alle (giuste) esigenze dell’Amministrazione ma non viene presa (quasi mai) in considerazione la necessità di conciliarle con le esigenze del dipendente.

Non va dimenticato che nelle sedi giudiziarie non sono previste apposite mense, e nemmeno, ancor peggio, ci sono luoghi adeguati ove poter fruire della pausa; spesso un luogo di ristoro è lontano dalla sede di lavoro e ci si ritrova a consumare un pasto nella propria stanza, in spregio a qualsiasi norma di igiene e facendo venir meno l’obiettivo primario per cui si impone la pausa, ovvero il riposo.

Inimmaginabile è poi pensare poter interrompere l’attività lavorativa nel momento topico noto a tutti coloro che quotidianamente  si confrontano con le emergenze amministrative, possiamo pensare a scarcerazioni, tso, esecuzioni di provvedimenti de libertate resi in udienza e tutte quelle altre incombenze che rendono l’attività giudiziaria resa in cancelleria paritaria come condizione di emergenza che rendono la stessa  di prima difficoltà.

E’ azzardato pensare, e non lo facciamo, che ci siano anche delle ragioni economiche dettate dall’esigenza di contenere la spesa pubblica risparmiando sui buoni pasto da corrispondere al personale amministrativo che opta per l’orario di lavoro delle 7,12 (con rinuncia alla pausa pranzo)  garantendo la continuità dei servizi.

Certamente, in questa sede non si vuole contestare il diritto-dovere dell’Amministrazione di voler contenere le cosiddette spese di gestione, esercitando un attento controllo sulla sussistenza dei requisiti dei richiedenti per poter accedere ad una tipologia di orario che comporti una maggiore corresponsione di buoni pasto e quindi maggiori oneri, ciò che invece si contesta è che il trattamento di “peggior favore” soprattutto in sede ispettiva,  sia “riservato” al personale amministrativo e non anche a tutti i dipendenti del Ministero della Giustizia.

Per quanto sopra si invita a rivedere le prescrizioni relative alla concessione dei buoni pasto per il personale amministrativo non dirigente, prevedendo la possibilità di rinuncia alla pausa pranzo corrispondendo il buono pasto.

Cordiali saluti

Segretario Generale

(Claudia Ratti)

 

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